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Il nemico silenzioso del clima

LE EMISSIONI DI METANO

Perdita di metano presso un impianto REMI nei pressi di Troina in Sicilia documentate da Legambiente e CATF

A livello globale le emissioni di metano riguardano prevalentemente tre settori: energia, agricoltura e allevamenti, e rifiuti. Grazie a politiche mirate in questi settori è possibile ridurre tali emissioni del 45% entro il 2030 incidendo sugli obiettivi climatici al 2040 per 0,3°C. Il solo settore energetico può incidere, invece, per 0,1°C circa, pari a 6,5% dell’obiettivo di contenimento a 1,5°C.

Il metano è responsabile per circa il 30% dell’aumento delle temperature globali dalla rivoluzione industriale. Sono due le caratteristiche principali di questo gas: ha una vita in atmosfera molto più breve di quella dell’anidride carbonica, ed ha un effetto climalterante fino ad 86 volte più potente dell’anidride carbonica nei primi venti anni. 

Essendo il potenziale di riscaldamento globale (GWP) del metano molto più potente sul breve periodo, un aumento o una riduzione delle emissioni può comportare una rapida accelerata o una brusca frenata del cambiamento climatico. 


Considerando le emissioni dell’intera filiera delle fossili, in un orizzonte temporale di 20 anni, invece che di 100, le emissioni climalteranti derivanti dall’uso di gas fossile se paragonate a quelle derivanti dall’uso del carbone possono essere tra il 55% e il 66% maggiori, eliminando completamente il vantaggio emissivo dato dalla ridotta quantità di anidride carbonica emessa al momento della combustione del gas, e contribuendo quindi ad un ulteriore aggravarsi della crisi climatica.   

Il settore energetico fossile è quello con il maggiore potenziale di mitigazione delle emissioni di metano entro il 2030. Inoltre, prendendo come prezzo di riferimento la media dal 2017 al 2021, circa il 40% delle emissioni dal settore oil and gas potrebbero essere evitate senza costi netti grazie al recupero del metano non sprecato.

Emissioni di metano presso la Centrale di Compressione di Melizzano documentate da Legambiente e Clean Air Task Force

Le emissioni in Italia e nei Paesi fornitori di gas

L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha elaborato alcune stime che mirano a quantificare il metano emesso a livello globale e nei singoli Paesi, stime che spesso discordano rispetto ai dati comunicati dai singoli governi. Considerando che l’Italia importa più del 90% del gas che consuma, nel quantificare le emissioni di metano delle quali essa è responsabile direttamente e indirettamente è opportuno considerare anche i Paesi fornitori. Pertanto, si riportano le stime dell’IEA sull’Italia e di alcuni dei principali fornitori di gas.

  • ITALIA
  • ALGERIA
  • LIBIA
  • RUSSIA
  • AZERBAIJAN
  • QATAR
  • NORVEGIA
  • OLANDA
  • EGITTO
  • USA

Fonte: IEA (2023), Methane Tracker, https://www.iea.org/data-and-statistics/data-tools/methane-tracker

Le perdite di metano


Perdita presso il Terminale di ricevimento del Greenstream a Gela documentata da Legambiente e CATF

Lungo la filiera delle fossili possono verificarsi delle perdite di metano, ovvero tutte quelle emissioni legate a guasti, malfunzionamenti della componentistica, o cattiva manutenzione. Tra le principali criticità c’è proprio la mancanza di obblighi stringenti di monitoraggio, misurazione, rilevamento e riparazione di perdite da parte delle compagnie operatrici in tutto il mondo, ma anche in Italia ed in Europa. Nel 2022, ad esempio, l’UNFCCC ha contabilizzato 76,6 milioni di tonnellate di metano emesso dal settore energetico mentre le stime dell’IEA, per lo stesso anno, sono pari a 133,4 milioni. Non a caso ad oggi ci sono grandi discrepanze di dati e la maggior parte delle misurazioni non vengono effettuate in maniera diretta ma sono delle stime calcolate sui valori di emissività delle singole componenti della filiera del gas.

Seppur in Italia le stime elaborate dall’IEA non si discostino di molto dai dati ufficiali comunicati da ISPRA, è pur vero che alcune inchieste condotte sulle infrastrutture a gas hanno portato alla luce numerose criticità, tra cui uno stato generale delle infrastrutture caratterizzate da scarsa manutenzione, un massiccio utilizzo di pratiche di venting e la mancanza di dati pubblici su tutti gli operatori del settore e su tutti gli impianti di propria competenza. Si pensi che alcune stime quantificano le emissioni di metano nelle infrastrutture per l’importazione di gas verso l’Italia in 3,2 – 3,9 miliardi di metri cubi di gas l’anno, numeri simili alla produzione nazionale di gas o all’aumento di importazioni previsto da nuovi accordi con paesi come l’Algeria.  

Le soluzioni 

Monitoraggio, report e verifica (MRV)

Introduzione di norme che obblighino le imprese, in Italia e dai Paesi fornitori, a misurare e comunicare i dati almeno una volta l’anno ad un soggetto competente che si occupi di ricostruire un quadro generale e rendendoli pubblici.

Programmi di rilevamento e riparazione perdite (LDAR)

Trattandosi di perdite che non possono essere previste l’unico modo di contenere al minimo gli sprechi di gas è condurre frequenti attività di rilevamento e riparazione. I parametri che permettono alle attività di rilevamento e riparazione perdite di essere realmente efficaci sono:

Venting e flaring


Emissioni di metano presso il terminale di ricevimento del Greenstream a Gela in Sicilia documentate da Legambiente e CATF

Il problema  

Il flaring e il venting sono due pratiche di rilascio volontario di metano adottate, spesso in modo improprio, in impianti industriali ed energetici per ragioni di manutenzione, di sicurezza o per altre necessità legate al funzionamento della struttura. 

Flaring

Il gas fossile al momento del rilascio viene bruciato in un’apposita torcia, emettendo anidride carbonica. In questo caso si tratta di gas considerato “indesiderato” che si incontra durante i processi di lavorazione ed è ritenuto troppo costoso da trattare ed elaborare. Nel 2022 sarebbero stati bruciati, a livello mondiale, circa 138,5 miliardi di metri cubi di metano, pari a più del doppio dei consumi di gas in Italia nello stesso anno.

Venting

Il metano viene sfiatato e rilasciato direttamente in atmosfera volontariamente. Le pratiche di venting di routine rappresentano uno dei principali fattori di emissioni di metano nel settore energetico e con le attuali tecnologie potrebbero essere abolite, ricorrendo nei soli casi emergenziali al flaring, con il quale attraverso la combustione del gas viene emessa anidride carbonica anziché metano riducendo pertanto l’effetto climalterante.

Le soluzioni 

Le alternative al gas flaring e al venting esistono, e includono la reiniezione e l’utilizzo in sito, e dovrebbero essere applicate non solo sul territorio nazionale e comunitario, ma anche da tutti i paesi dai quali l’Italia e l’Europa importano gas e petrolio. La componentistica per il venting, per esempio, si potrebbe sostituire con delle alternative che evitano il rilascio diretto in atmosfera. Nei casi in cui non ci sono alternative dovrebbero essere definiti degli standard di efficienza specifici e si dovrebbe preferire il flaring, adottando questa pratica nei soli casi emergenziali.

Le emissioni delle importazioni di gas e petrolio


Il problema  

Secondo la Commissione Europea, tra il 75 e il 90% delle emissioni di metano associate con i consumi energetici in Europa si verificano al di fuori dei confini comunitari, ovvero lungo le infrastrutture legate alla produzione e importazione. Ciò avviene perché la maggior parte delle fonti fossili che consumiamo spesso viaggiano per migliaia di chilometri prima entrare in Europa. Pertanto, affrontare il problema delle emissioni di metano senza tenere in considerazione ciò che avviene lungo l’intera filiera rischia di rivelarsi una scelta miope e non in grado di affrontare concretamente il problema. 

Secondo alcune stime le infrastrutture per le importazioni disperderebbero, prima ancora che il gas tocchi suolo italiano, tra i 3,2 e i 3,9 mld di metri cubi di gas. Secondo uno studio di Capterio, in Nord Africa, recuperando il gas fossile sprecato tra flaring, venting e perdite in un anno, l’Unione Europea avrebbe potuto recuperare nel giro di 12-24 mesi circa il 15% del gas importato dalla Russia rispetto ai livelli precedenti al 2022. Solamente in Algeria e Libia, verrebbero sprecati circa 18,5 miliardi di metri cubi di gas ogni anno. 

Le soluzioni 

Sarebbe opportuno applicare le varie misure di MRV, LDAR e divieti al venting e flaring, all’intera filiera anche al di fuori dei confini comunitari attraverso degli standard sulle importazioni da applicare al più tardi entro il 2025. Di fianco a questo, interventi di cooperazione con i Paesi produttori volti a ridurre gli sprechi di gas piuttosto che finanziare nuove trivellazioni.

Pozzi inattivi e miniere abbandonate 


Il problema  

Parte delle emissioni di metano legate al settore energetico provengono da pozzi di idrocarburi inattivi e miniere abbandonate. Infatti, questi siti, seppur inattivi, continuano ad emettere metano per diversi anni se non bonificati.  

Le soluzioni 


Per poter capire quanto metano viene effettivamente emesso da questi pozzi, con l’obiettivo di bonificare definitivamente questi siti sarebbe necessario attivare, al più presto un piano di azione che preveda attività di censimento, misurazione delle emissioni, invio di reportistica ad un Ente competente e definitiva bonifica, dove dalla misurazione alla definitiva risoluzione del problema non dovrebbero trascorrere più di dodici mesi.

Gli strumenti di rilevamento delle emissioni di metano


Le attuali quantificazioni di rado si basano su misurazioni dirette, anzi il più delle volte arrivano da stime elaborate in differenti modalità. Molte di queste stime si basano sui fattori di emissività delle varie componenti della filiera prese in considerazione, permettendo così di avere un quadro generale ma non necessariamente accurato, sull’entità del problema. Tuttavia, oggi esistono diverse tecnologie in grado di individuare, e talvolta quantificare, le emissioni di metano negli impianti energetici. Ognuna di esse ha le proprie specificità in base al tipo di strumento del quale si ha bisogno; pertanto, l’integrazione di vari strumenti può essere una delle modalità più efficaci di condurre attività di rilevamento e riparazione perdite e per monitorare impianti in tempi rapidi e con precisione.