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Emissioni di metano in Campania. Legambiente denuncia perdite in tre impianti a gas

    A Febbraio 2022 Legambiente e Clean Air Task Force hanno condotto un’indagine su tre impianti a gas in Campania. Si riporta il comunicato stampa:

    Preoccupante ciò che emerge dal monitoraggio di tre impianti a gas campani: emissioni di metano in circa 70 punti, 11 casi di venting e circa 60 perdite. Legambiente: “Urgente contenere le emissioni di gas metano. Basta scelte anacronistiche e investimenti che condannano la Campania alle dipendenze del settore fossile almeno fino al 2050-2060”

    Non è tra le regioni italiane più energivore, ma con un forte radicamento delle fonti fossili tanto che, dell’intero mix energetico, i prodotti petroliferi e gas fossile costituiscono più del 62% dell’energia consumata. Parliamo della Campania, che nel 2021 registra un consumo totale di circa 2,6 miliardi di metri cubi di gas. Un numero che potrebbe aumentare, spingendola a vincolarsi ulteriormente all’utilizzo di fonti fossili per i prossimi decenni, se prendiamo in considerazione le diverse infrastrutture nel settore, realizzate o in attesa di autorizzazione da parte del MASE: dalla centrale termoelettrica di Presenzano (entrata in funzione a dicembre 2022), ai progetti per la realizzazione di un deposito di GNL nel porto di Napoli, fino all’ipotesi dell’Iniziativa Sealine Tirrenica, un gasdotto per collegare Campania e Sicilia.

    Arriva in Campania la settima tappa di “C’è Puzza di Gas. Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”, la campagna d’informazione e sensibilizzazione sui rischi legati alle dispersioni e agli sprechi di gas fossile promossa da Legambiente e sviluppata con il supporto di Clean Air Task Force (CATF). Nata per far conoscere a territori, cittadini e cittadine i rischi legati alle perdite e agli sprechi del gas metano disperso direttamente in atmosfera, gas fossile con un effetto climalterante fino a 86 volte più potente di quello della CO2; e per spingere l’Italia e l’UE ad approvare norme e regolamenti ambiziosi per ridurre, fino ad azzerare, tali emissioni. La tappa ha acceso i riflettori da un lato sulla pericolosità della dipendenza dell’Italia dalle fonti fossili: i nuovi accordi che il Governo sta stringendo in Libia e Algeria (che si aggiungono a quelli già siglati), l’arrivo dei nuovi rigassificatori e il potenziale raddoppio del Tap (Trans-Adriatic Pipeline) sono solo alcuni dei simboli di una strategia che vuole fare dell’Italia il futuro hub del gas per l’Europa. Dall’altro il problema delle emissioni dirette di metano in atmosfera, strettamente legate alla lotta contro l’emergenza climatica.

    Indagine emissioni di metano in Campania. Legambiente insieme al CATF ha effettuato durante la tappa un’indagine su tre impianti a gas campani gestiti da SNAM: la Centrale di Compressione di Melizzano, l’impianto di regolazione e misura (REMI) IR712/A a Maddaloni e il bypass di emergenza del nodo di Melizzano. Grazie alla termocamera per la rilevazione ottica di gas “FLIR GF320” sono state individuate in totale circa 70 punti di emissione, dei quali 11 casi di venting e circa 60 perdite, in differenti componenti delle infrastrutture (bulloni, valvole, giunture, connettori e contatori) dimostrando, talvolta, uno scarso livello di manutenzione o componenti inadeguate. In particolare nella Centrale di Compressione di Melizzano sono stati identificati più di 30 punti di emissione, dei quali tra le 20 e le 25 perdite e 9 casi di venting. In questo impianto, come nel bypass di Melizzano, preoccupante il flusso continuo di gas volontariamente rilasciato in atmosfera (venting) di routine, pratica che, per Legambiente e CATF, dovrebbe essere vietata. Nell’impianto di Maddaloni, invece, trovate circa 25 perdite e un caso di venting.

    “Basta scelte anacronistiche e investimenti che condannano la Campania alle dipendenze del settore fossile almeno fino al 2050-2060 e che non aiuteranno neanche imprese e famiglie a ridurre i costi in bolletta— ha dichiarato Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania — A questo si lega l’urgenza di contenere le emissioni di gas metano, come confermano i monitoraggi effettuati nelle principali infrastrutture a gas campane. Un’emergenza che coinvolge l’intero Paese, complicata dall’imponente espansione del settore e dalla mancanza di regolamentazioni adeguate. Serve cambiare passo, puntando sulle rinnovabili, l’unica strada percorribile per il perseguimento degli obiettivi climatici”.

    I monitoraggi svolti in Campania dall’associazione ambientalista e CATF tra il 15 e il 17 febbraio, si aggiungono a quelli dello scorso ottobre tra Sicilia e Basilicata, che hanno individuato 80 perdite e rilasci documentati, testimoniando come il problema riguardi l’intera filiera e non si tratti di casi isolati. Da sottolineare, però, come nel caso campano, il numero di dispersioni rilevato sia risultato molto al di sopra della media.

    “Sono sconvolto dalla quantità di componenti che perdono metano che abbiamo rilevato dal monitoraggio condotto sui tre impianti a gas campani — ha aggiunto Théophile Humann, Responsabile della campagna sul metano di Clean Air Task Force — In aggiunta a un gran numero di rilasci volontari di gas, in quasi tutti i punti dove ho puntato la termocamera ho trovati diverse perdite: dalle tubature, valvole e misuratori. In tempi di discussioni accese sulle questioni energetiche, vedere tutto questo metano alimentare il cambiamento climatico è profondamente preoccupante”.

    Mix energetico e fossile in Campania. Il radicamento delle fonti fossili nella regione è in linea con la media nazionale. Il comparto termoelettrico, dove con il gas fossile nel 2021 è stato prodotto più del 40% dell’elettricità, ha contribuito ad emettere ben 1,9 milioni di tonnellate di CO2. La Campania non racchiude in sé l’intera filiera degli idrocarburi avendo prevalentemente infrastrutture legate al trasporto di gas e petrolio, alla produzione di energia termoelettrica e alla raffinazione del petrolio. Tuttavia, il settore è in espansione con tre progetti per nuove centrali termoelettriche a gas fossile, quattro progetti su metanodotti e un progetto per lo stoccaggio di GNL presentati dal 2020 e con un’area di 420,6 kmq sulla quale sono state presentate istanze per permessi di ricerca di idrocarburi. Rispetto alla potenza termoelettrica installata nel 2021 era di 2.098,6 MW: un numero in aumento con la messa in funzione della centrale di Presenzano da 850 MW a dicembre 2022, con la possibile realizzazione della nuova centrale termoelettrica di Benevento da 404 MW e il progetto per una nuova centrale di cogenerazione per incrementare la potenza dagli attuali 769 MW fino a 1.700 MW nell’impianto di Sparanise. Ciò raddoppierebbe la potenza a fonti fossili installata, facendo arrivare il comparto termoelettrico dall’attuale 34% della potenza installata totale a più del 50%. La Campania, soprattutto per via dell’impianto di compressione di Melizzano, è uno snodo di transito del gas che, importato dall’estero, arriva dal sud Italia verso le regioni più a nord. Una rete di gasdotti, nazionali e locali, destinata ad ampliarsi con i progetti presentati presso il MASE e in attesa di autorizzazione, o all’interno del Piano Energia e Ambiente Regionale (PEARS) che, se approvati, porterebbero alla realizzazione 551 km di nuovi gasdotti.

    Rischio emissioni di metano e Regolamento UE. Le emissioni di metano raccontate da Legambiente e CATF si inseriscono in un contesto dove a pesare è l’assenza di normative che obbligano le imprese a eseguire monitoraggi e riparare tempestivamente tali perdite. Presso il Parlamento Europeo è in discussione una bozza di Regolamento per affrontare il problema, tuttavia, il testo proposto dalla Commissione, non solo è poco ambizioso ma è anche condizionato dalle pressioni delle compagnie petrolifere e del gas. A peggiorare la situazione è la posizione assunta del Consiglio europeo, al quale Legambiente – assieme ad altre 10 realtà a livello europeo – ha lanciato un appello lo scorso dicembre. Tra i vari problemi, la riduzione delle attività di rilevamento perdite da trimestrale a semestrale, che inficerebbe l’efficacia del monitoraggio dall’80% al 67%; numeri ben al di sotto della proposta dal cigno verde di condurre rilevamenti mensilmente, portando a una riduzione delle emissioni del 90%. E la mancata introduzione di standard stringenti per la riduzione delle emissioni di metano lungo le infrastrutture di importazione. In vista del voto sul regolamento dell’1 e 2 marzo nelle commissioni ENVI e ITRE del Parlamento Europeo, l’auspicio di Legambiente è che prevalgano considerazioni vocate alla sostenibilità, sopra le pressioni delle grandi compagnie petrolifere e del gas.