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Pubblicato il nuovo Global Methane Tracker 2024 dell’IEA – Per contenere la temperatura a 1.5°C si devono ridurre le emissioni di metano nel settore energetico del 75% al 2030

    Il 13 marzo 2024 l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha pubblicato la nuova edizione del Global Methane Tracker, il rapporto che raccoglie e monitora tutte le principali informazioni legate alle emissioni di metano nel settore energetico a livello globale. 

    Il documento, come ogni anno, è accompagnato da uno strumento con delle stime sulle emissioni e sull’impatto delle misure di contenimento divise per paese e per regioni, contribuendo in parte a colmare un gap di informazioni dato dalla scarsissima trasparenza che caratterizza questo tipo di problema. Non a caso nel rapporto si stima che i governi a livello globale riportino il 50% in meno delle emissioni stimate dall’IEA e quelle dalle segnalazioni delle società petrolifere e del gas siano addirittura del 95% inferiori. 

    Le emissioni di metano a livello globale nel 2023 

    Le emissioni di metano dal settore energetico nel 2023 sono in lieve aumento rispetto al 2022 attestandosi su poco meno di 120 milioni di tonnellate di metano, 3 milioni di tonnellate in più equamente distribuite tra gas, petrolio e carbone. Restano invece invariate le emissioni dalle bioenergie, 10 milioni di tonnellate nel 2023. In totale parliamo di circa 170 miliardi di metri cubi di gas sprecati nel 2023, vale a dire quasi 3 volte il consumo nazionale di gas in Italia.  

    Il 70% delle emissioni è concentrata in 10 paesi.  Gli Stati Uniti (13,3 milioni di tonnellate), seguiti da Russia (11,2 milioni di tonnellate) e Iran (6,0 milioni di tonnellate) sono i principali emettitori per quanto riguarda il settore del gas e del petrolio. Tra i principali produttori di gas e petrolio i più virtuosi sono Norvegia e Olanda con livelli di intensità delle emissioni approssimabili allo zero. 

    Con le attuali politiche sul metano non raggiungeremo l’obiettivo di 1.5 °C 

    Per stare nell’obiettivo degli di contenimento degli 1.5 °C, il rapporto stima che entro il 2030 vanno tagliate del 75% le emissioni a livello globale portando tutti i paesi a livelli di intensità simili ai paesi più virtuosi. Un dato che ci racconta come siamo completamente fuori rotta visto che, basandosi solamente sui vari impegni presi a livello globale si ridurrebbero le emissioni solamente del 50%, e considerando le politiche già applicate o pianificate la riduzione sarebbe di appena il 20% nel settore del gas e del petrolio. 

    Numeri che confermano come anche a livello Europeo con il nuovo Regolamento si stia intraprendendo una strada sbagliata. L’Unione Europea, infatti, avrebbe il potenziale di ridurre le emissioni nel settore del gas e del petrolio del 30% a livello globale introducendo degli standard sulle importazioni; contribuendo in questo modo in maniera significativa al raggiungimento dell’obiettivo di contenimento del 75% al 2030. Tuttavia, l’introduzione di questa misura è stata rimandata a dopo il 2030, rendendo complesso immaginare il raggiungimento degli obiettivi fissati a Parigi nel 2015.  

    L’Unione Europea, infatti, così come l’Italia, ha tra i suoi principali fornitori alcuni dei Paesi che risultano nella top 10 dei maggiori emettitori per il settore del gas e del petrolio, ovvero, senza considerare la Russia, gli Stati Uniti al primo posto; l’Algeria al settimo (2,8 milioni di tonnellate) e l’Arabia Saudita all’ottavo (2,4 milioni di tonnellate). 

    Quanto costa contenere le emissioni?  

    Per la prima volta l’IEA ha introdotto nel rapporto un approfondimento per ogni Paese stimando quale sia l’investimento necessario per contenere le emissioni e quale il ritorno in termini economici dato dal recupero di gas non sprecato. Complessivamente nel 2023 il 40% delle misure di contenimento sarebbe stato a costo netto zero. La percentuale però cambia in maniera significativa in base al settore. Per il settore del gas e del petrolio addirittura il 52% delle misure sarebbe stata a costo netto zero; mentre appena il 15% per il carbone.  

    Per stare nell’obiettivo di contenimento delle emissioni del 75% al 2030 servirebbe un investimento di 170 miliardi di dollari, di cui 100 miliardi circa per il settore del gas e del petrolio e 70 per il carbone. Una cifra che, per quanto possa apparire significativa rappresenta meno del 5% del valore generato dall’Industria solamente nel 2023.  

    In Europa, per contenere le emissioni dal settore del gas e del petrolio servirebbe appena 1 miliardo di dollari, mentre dal settore del carbone 2 miliardi. Nel 2023 le misure di contenimento delle emissioni tra gas, petrolio e carbone, avrebbero garantito un guadagno potenziale di 740 milioni di dollari.  

    Cifre che vanno lette rispetto agli attuali investimenti che si stanno facendo nel settore per aumentare la produzione e il trasporto di gas come nel caso dell’accordo siglato da ENI in Libia nel 2023 nel quale la compagnia ha stanziato 8 miliardi di dollari per nuove trivellazioni. Nel settore del gas e del petrolio nell’intero continente africano, secondo l’IEA, basterebbero appena 9,4 miliardi di dollari. Nello stesso settore, solamente nel 2023, attraverso l’implementazione di misure di contenimento delle emissioni si sarebbe potuto avere un ritorno economico di 1,8 miliardi di dollari. 

    Le emissioni di metano in Italia e dai paesi fornitori di gas 

    Secondo lo studio in Italia c’è una riduzione delle emissioni dal settore energetico da 286 chilotonnellate nel 2022 a 211 chilotonnellate nel 2023, dato in parte riconducibile alla drastica riduzione dei consumi nazionali di gas. Il 45% delle emissioni per il settore del gas e del petrolio si potrebbero abbattere a costo netto zero e servirebbero appena 10 milioni di dollari l’anno fino al 2030, ovvero complessivamente 70 milioni circa. Nel 2023, attraverso l’implementazione di misure di contenimento si sarebbe potuto avere un ritorno di 20 milioni di dollari.  

    Allo scenario in parte positivo di riduzione delle emissioni su territorio nazionale, vanno affiancati dati non trascurabili rispetti ai Paesi di importazione che presentano tutti livelli di emissioni estremamente elevate e senza piani di riduzione significativi. È il caso per esempio dell’Algeria, nell’elenco dei maggiori emettitori a livello globale nel settore energetico con 2782 chilotonnellate quasi interamente riconducibili al settore del gas e del petrolio. Per ridurle servirebbero 620 milioni di dollari all’anno fino al 2030, ovvero 4,3 miliardi di dollari complessivamente. Il 55% delle emissioni si potrebbe evitare tuttavia, a costo netto zero. O per esempio la Libia, con 1709 chilotonnellate al diciassettesimo posto a livello globale tra i peggiori emettitori nel settore energetico, anche in questo caso riconducibili quasi interamente al settore del gas e del petrolio. In questo caso basterebbero appena 1,68 miliardi di dollari complessivamente per ridurre le emissioni dell’84% al 2030, vale a dire poco meno di un quinto del citato investimento di ENI per aumentare la produzione di idrocarburi.  

    Dati ancor più significativi se letti alla luce di uno studio di Capterio del 2022 nel quale si stimava uno spreco di gas tra venting, flaring e perdite in Egitto, Algeria e Libia di quasi 23 miliardi di metri cubi di gas, pari a un terzo dei consumi italiani, dati che contribuiscono a testimoniare l’urgenza di norme ambiziose per intervenire sulle importazioni delle quali l’Italia è indirettamente responsabile.